SalTo25: un viaggio tra storie, stand e squilibri

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Sabato 17 maggio sono stata al Salone del Libro di Torino. Chi mi conosce sa che ci torno ogni anno con la stessa emozione con cui si scarta un libro nuovo: aspettativa, euforia, un pizzico di ansia per la folla.

Il SalTo è, ogni volta, una meravigliosa bolla fatta di lettori e lettrici curiosi, autori in cerca di parole da condividere, editori pieni di sogni e cataloghi. È una vetrina potente – soprattutto per noi autori emergenti e per i self – e un’occasione rara per fare rete, stringere mani, annusare libri (sì, ancora si fa).

Ma c’è sempre un “ma” che mi accompagna.

I grandi editori hanno visibilità tutto l’anno: sono nei centri commerciali, nei corner esclusivi delle librerie, nei lanci pubblicitari curati da team di professionisti. Hanno i mezzi per arrivare ovunque. Al Salone, però, questo squilibrio si fa ancora più evidente.

Le piccole e medie case editrici – che faticano tutto l’anno per tenersi in piedi – devono fare salti mortali per permettersi uno stand, spesso in zone meno frequentate, e finiscono per essere letteralmente oscurate dalle cattedrali dei big.

Anche per i self la situazione è tutt’altro che rosea: quest’anno l’esposizione dedicata all’autopubblicazione sembrava un angolo Ikea un po’ improvvisato, con librerie impersonali che non valorizzavano i titoli. Nessuna possibilità di sfogliare, lasciarsi incuriosire, perdercisi dentro. E se un libro non lo prendi in mano, non lo sfogli, magari non lo annusi… che senso ha?

Tra le cose belle, c’è stata sicuramente la mia visita allo stand di AltreVoci, la casa editrice con cui pubblicherò il mio prossimo romance entro la fine dell’anno.

Sono rimasta colpita dalla professionalità con cui gestivano lo spazio, ma anche e soprattutto dalla calda umanità delle persone dietro al marchio. Si respirava entusiasmo, passione vera, e non è così scontato.

Un altro momento che porterò con me è stato rivedere i miei compagni Arcimaghi – se volete leggere la mia esperienza con il Premio Arcimago, trovate tutto qui.

Abbiamo chiacchierato, riso, scambiato consigli e battute nerd come se ci conoscessimo da sempre.

Anche incontrare alcune case editrici conosciute durante il Pitch Day, o scoprirne di nuove con cui ho stretto amicizie fresche, è stato prezioso. Alla fine, il Salone è anche (e forse soprattutto) connessione, scambio, rete viva.

Nota dolente? La folla.

A tratti mi sono sentita trasportata: nel Padiglione 2 sembrava di essere parte di un unico, enorme, sudato corpo in movimento.

Il lato positivo è che quest’esperienza mi ha convinta: l’anno prossimo ci torno di venerdì, così magari riesco a non sudare anche l’acqua del battesimo.

Infine, due parole sulla tanto discussa presenza di Libraccio: ho sentito critiche accese, soprattutto da chi rappresenta le piccole e medie CE. Personalmente, ho visto meno affollamento rispetto allo scorso anno. Ma è un dato di fatto che l’usato, come Vinted per l’online, ormai fa parte del mercato. È vero, non aiuta i piccoli in fiera, ma fa da contrappeso a chi può permettersi di vendere a prezzo pieno tutto l’anno.

In sintesi?

Il SalTo resta un appuntamento magico, nonostante le ombre.

E per chi ama i libri, restare lontani è davvero impossibile.

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